La tendinopatia dell’achilleo è la più comune e invalidante patologia del corridore e si divide in due grandi sotto specie, la tendinite, e la tendinosi.
La tendinite è la più dolorosa ma è anche la meno pericolosa. Su base meccanica o metabolica è un processo infiammatorio che produce fenomeni irritativi a livello della parte terminale del muscolo, dove, appunto, questo si trasforma in tendine. Si presenta con un paradigma classico: dolore, calore, rossore, a volte gonfiore e impotenza funzionale. Il tendine di achille durante il gesto di sollevamento dall’appoggio rimane frequentemente compresso contro la sottostante struttura ossea, procurandosi dei microtraumatismi
La tendinosi, invece, è più subdola. Spesso molto meno sintomatica, e risultante a volte da dolori trascurati nel tempo, consiste nella degenerazione cronica del cuore del tendine, meno riccamente innervato dalle terminazioni dolorifiche. Nel lungo periodo, a causa dell’enorme ricambio cellulare volto a cercare di riparare una lesione che si riproduce di continuo crea una diminuzione del carico di rottura del tendine e porta all’aumento del rischio di lesione.
L’infiammazione é spesso causata da microtraumatismi dovuti a diversi fattori:
terreno troppo duro.
scarpe inadatte.
eccessiva rigidità delle strutture osteomuscolari (poco stretching, sovrallenamento, retrazioni muscolari, eccessiva pronazione del piede).
Impostazione errata della corsa.
L’infiammazione se cronicizzata può portare a fibrosi, con diminuzione notevoli delle prestazioni atletiche.
Come si manifesta??
Dolore e rigidità progressivi, inizialmente al termine dell’attività o al mattino seguente e che migliorano con il riposo. Con la cronicizzazione il dolore diventa costante durante l’attività e ogni mattino al risveglio... Talvolta si accompagna a tumefazione e scrosci alla flesso-estensione.
Come si cura?
1.Riposo dall’attività intensa e uso antiinfiammatori
2.Bagni di ghiaccio alternati a bagni caldi e mobilizzazione del piede
3.Massaggio del polpaccio e stretching
4.Terapia fisica: Tecar , Onde d’urto
5.Bendaggi o cavigliere per il riposo notturno per evitare la retrazione tendinea
6. Infiltrazioni ma non di cortisone, il tendine di achille è spesso soggetto a rotture e l’abuso di cortisone può cristallizzare sul tendine rendendolo fragile. Può essere utile la toeletta chirurgica nei casi più estremi.
Prevenzione
1.Plantari, dopo baropodometria statica e dinamica.
2.Calzature adeguate
3.Stretching della muscolatura del polpaccio prima (previo blando riscaldamento) e dopo esercizio.
La fascite plantare è una infiammazione cronica delle strutture dense e fibrose che compongono lo strato di tessuti che, sotto al piede, vanno dal calcagno alle dita. Struttura particolarmente importante per la sua funzione di sostegno dell’arco plantare, volge un ruolo fondamentale nella trasmissione del peso corporeo al piede durante deambulazione e la corsa.
Si manifesta con dolore nella zona sopra descritta e può comparire in diversi punti o interessare tutto il tratto che va dal calcagno alle dita.
Cosa fare quando insorge?
La prima cosa da fare ( e che è anche la più odiata dai miei pazienti) è il riposo. Ghiaccio. Poi stretching, mobilizazione delle dita e massaggio. Nei casi più resistenti onde d’urto, infiltrazioni di cortisone e, se necessario, chirurgia come extrema ratio.
Come prevenire?
Esistono fattori di rischio legati alla conformazione corporea e fattori di rischio esterni a essa.
Uno dei difetti che può incidere negativamente sulla fascite è rappresentato dall’eterometria (e non dismetria che è un sintomo neurologico) degli arti inferiori.
Una gamba più corta infatti, tende a lavorare di più sulla punta e a generare una maggiore tensione sulle strutture muscolari coinvolte nella fascite, ma anche una gamba più lunga tende a lavorare di
più sul tallone accumulando maggiore energia di impatto al suolo che può generare uno stato infiammatorio indotto dai traumatismi ripetuti.
Anche uno squilibrio muscolare può generare problemi.
Una gamba o una coscia particolarmente più sviluppati dell’altra, spingeranno di più sul terreno, con tutte le conseguenze negative che potete immaginare.
Una ridotta flessibilità porterà a un accumulo di tensione a livello delle inserzioni tendinee continuamente sollecitate da una struttura rigida che non ammortizza i movimenti.
Per non parlare di una scoliosi, che può comportare una rotazione di bacino che, influenzando la spinta durante la corsa diventa una componente non trascurabile dal punto di vista etiopatogenetico.
Dulcis in fundo, l’età. Statisticamente dopo i 30 anni aumentano le probabilità di comparsa di questo tipo di disturbi.
Fattori esterni.
Tra i primi va annoverata la metodologia dell’allenamento, il sovraccarico funzionale infatti può causare
questo tipo di disturbo.
La tecnica di corsa inadeguata.
Un atleta che non distribuisce bene i carichi durante il gesto può incappare in questo tipo di infiammazione.
Inutile parlare delle calzature inadeguate. La varietà in commercio e le conoscenze in merito dovrebbero essere sufficienti a evitare certi problemi. Importantissimo il materiale, che dovrà assorbire
l’impatto col terreno e la scelta adeguata rispetto alla conformazione del piede e alla sua struttura intrinseca ( un pronatore che cammina da pronatore, potrebbe non esserlo strutturalmente).
Non ultima variabile di una certa importanza è rappresentata dal terreno, ne troppo duro ne troppo morbido, i terreni misti sono ideali.
Come dimenticarci dello stretching?
Alla prossima.
fisioterapista (sui generis)
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